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Tranky Doo – Jazz Stesps Special con Francesca De Vita

7 Giugno 2019

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Dove:
Tranky Doo – Jazz Stesps Special Con Francesca De Vita

Il TRANKY DOO è un “must” per ogni Lindy Hopper, è una routine brillante e divertente che si esegue in gruppo negli eventi di ogni angolo del mondo!
Studiamo la coreografia in tre lezioni di due ore. Il corso è aperto sia a chi vuole imparare il Tranky Doo per la prima volta, sia a chi conosce la sequenza e vuole migliorare lo stile entrando nel dettaglio dei movimenti.

QUANDO: venerdì 24/05, venerdì 31/05, venerdì 07/06, h 21,00-23,00

DOVE: Teatro Lo Spazio, Via Locri 42 (sala prove, locale con aria condizionata)

COSTO: 55 euro
(non ci sono variazioni di costo per gli allievi di SAVOY SWING ITALY che sono già iscritti al corso di Jazz Steps)

REGISTRAZIONE:
http://tiny.cc/c3mo6y
(per chi non è già iscritto alla scuola)
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UN PO’ DI STORIA:
La routine nella sua forma originaria è una sequenza coreografata da Frankie Manning. Come lui stesso racconta nella sua biografia, quando lavora con i “Congaroos” in un locale di Chicago rimane colpito da un passo eseguito dall’ultima ballerina di fila a lasciare il palcoscenico. La ragazza è soprannominata Tranky Doo, il suo nomignolo ed il suo passo sono ormai entrati nella memoria della Swing Dance proprio attraverso questa routine, che inizia con un “Fall Off The Log” e qualche “Shuffle”.
Quando Frankie e tutto il gruppo tornano a New York al Savoy Ballroom si trovano a ripetere la sequenza, rendendola popolare tra i Lindy Hoppers.
La versione che è ancora reperibile in video e che probabilmente più si avvicina all’originale di Frankie è quella di Tops e Wilda del 1947.
Nel frattempo arriva a New York Mura Dehn, una ballerina russa che in America si innamora dei balli afroamericani e decide di documentarli. Il suo lavoro, il documentario “The Spirit Moves”, include una versione del Tranky Doo in cui compaiono Al Minns, Pepsi Bethel e Leon James. Questa è la versione che viene usata come riferimento generale per i primi due “chorus”, le prime due frasi del Tranky Doo.
Per quanto riguarda la parte finale come la conosciamo oggi, la sequenza deriva da una delle interviste che ci sono arrivate grazie alla collaborazione di Al e Leon con Marshall Stearns.
Un paio di anni fa Bobby White, in un articolo del suo blog Swungover, ha ipotizzato che Al e Leon si siano trovati a coreografare quest’ultima parte velocemente per “riempire” un pezzo di musica in occasione della performance, e che da questo derivi la differenza di complessità tra la prima e la seconda parte della routine nella sua versione più conosciuta.
Comunque siano andate le cose, la versione che è oggi è diffusa in tutto il mondo accoglie una serie di piccole varianti e, come ogni brano della vera tradizione del Jazz, lascia spazio alla voce personale per renderla un pezzo unico ogni volta che viene eseguita.