Blog Anni ’60: gli indimenticabili

La lotta per i diritti civili degli afroamericani negli anni ‘60

Di Cecilia Serafini di Goody Swing

Martin Luther King

Gli anni sessanta erano ancora gli anni della segregazione razziale.

Agli inizi degli anni ‘50 il padre della studentessa Linda Brown, residente a Topeca in Kansas, mise in moto una class action dopo che la figlia era stata rifiutata dalla scuola vicino casa perchè nera e costretta, quindi, a trasferirsi a più di un chilometro di distanza. La sentenza Brown contro la Board Education sancì, nel 1954, la fine della segregazione razziale nelle scuole, ma un profondo cambiamento sociale non c’era ancora stato.

foto di A&T four statua
Vista frontale dell’A&T Four Statue.

Il 1 Febbraio del 1960 quattro ragazzi, che passarono poi alla storia come gli A&T four (dalla A&T University) o i 4 di Greesnsboro, decisero di dare inizio ad un sit-in dopo che la cameriera del ristorante Woolworth a Greensboro, cittadina del North Carolina, si rifiutò di servigli il pranzo, in accordo con il proprietario. Rimasero seduti nel ristorante in attesa di essere serviti per giorni, attirando l’attenzione di molti altri ragazzi e ragazze che frequentavano l’università, i quali decisero di appoggiarli nella protesta. Il 6 Febbraio erano diventati 1400 e sotto una tale pressione il personale del ristorante fu costretto a servirli. Greensboro era famosa per la sua equiparazione razziale da parte delle autorità municipali, ma l’episodio al Woolworth ne rivelò le incongruenze.
Fu quindi una vittoria storica che aprì la strada alle future rivendicazioni della comunità nera, mettendo in evidenza come si fosse ancora lontani da un’uguaglianza di fatto.

In quello stesso anno nacque la SNCC fondata da Ella Baker durante il periodo dei sit-in, riunendo a sé molti giovani e studenti. E nel 1962, in unione con altre organizzazioni quali il CORE e il NAACP formarono il COFO ovvero il consiglio delle Federazioni organizzate. Il loro obiettivo era ampliare il diritto di voto anche ai neri presenti in stati del Sud più retrogradi quali Mississipi, Alabama, Louisiana, Georgia e Carolina del Sud. La reazione nei confronti della comunità nera fu violenta: feroci arresti, omicidi, pestaggi, alcuni neri furono sfrattati dalle loro case e altri licenziati.
Molti ragazzi bianchi corsero in aiuto, sostenendo le rivolte e il clima divenne ancora più pesante.

La Marcia su Washington e Martin Luther King Jr.

Il 1963 fu un anno decisivo. Le varie organizzazioni divennero parte integrante del Movimento per i diritti civili e nell’agosto di quello stesso anno diedero vita ad una delle più imponenti marce di protesta mai viste a Washington D.C. Parteciparono 250.000 persone alla “Marcia su Washington per il Lavoro e la Libertà“, organizzata dal sindacato dei lavoratori automobilistici e fu in questa occasione che il reverendo Martin Luther King tenne il famoso discorso “I have a dream”. In esso sviluppò la sua idea secondo la quale esisteva un enorme divario tra il sogno americano e la realtà, ed era stata la supremazia bianca ad infrangere questo sogno: 
“Un secolo fa, un grande americano, che oggi getta su di noi la sua ombra simbolica, firmò il Proclama dell’emancipazione.[…] Sono passati cento anni, e i neri ancora languiscono negli angoli della società americana, si ritrovano esuli nella propria terra[…].
Il nuovo e meraviglioso clima di combattività di cui oggi é impregnata l’intera comunità nera non deve indurci a diffidare di tutti i bianchi.[…] Non possiamo camminare da soli.[…]
[…]E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro.C’é chi domanda ai seguaci dei diritti civili : “Quando vi riterrete soddisfatti?” Non saremo mai soddisfatti finché il negro sarà vittima degli indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia[…]”
Poi inizia a parlare a braccio:
[…]Oggi, amici miei, vi dico: anche se dobbiamo affrontare le difficoltà di oggi e di domani, io continuo ad avere un sogno.[…]
[…]Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!.”

Martin Luther King
Martin Luther King Jr. durante la marcia per i diritti civili su Washington D.C. – 1963

Questo memorabile discorso spinse anche il presidente Kennedy a dare il massimo appoggio alla causa. Nel 1964 venne promulgato lo storico Civil Rights Act che avrebbe permesso alle persone di colore di accedere ai servizi pubblici, e con il Voting Rights Act del 1965, sotto la presidenza Johnson, veniva esteso il diritto di voto anche alle comunità nere degli stati del Sud

I Black Muslims e MalcolmX

Nonostante le vittorie ottenute però c’era una parte del movimento afroamericano che voleva di più, inneggiando ad una separazione tra neri e bianchi e alla promozione di uno sviluppo economico e sociale della razza: erano i Black Muslim guidati da Elija Muhammad facenti parte della NOI (nation of Islam), un movimento di carattere religioso fondato sull’Islam la cui tesi principale era che gli schiavi africani fossero musulmani prima di essere catturati, per questo i neri dovevano tornare all’Islam. Uno dei più grandi esponenti della NOI fu Malcom X.
Malcolm X si era convertito all’Islam in prigione ed ebbe scambi epistolari in prigione con Elija Muhammad. Quando uscì si diede il nome di Malcolm X dove la X indicava il rifiuto di accettare un legame anagrafico con i padroni, poiché un tempo gli schiavi assumevano il cognome di colui che li possedeva.
Iniziò a militare tra i Black Muslim attivamente perché convinto della necessità di agire in maniera più decisa e violenta, per emanciparsi dai bianchi e innalzare la razza nera; fece molti proseliti e attirò personalità come Mohammed Ali. La NOI fu più volte accusata di razzismo nero dall’opinione pubblica, ed era vista come un pericoloso movimento fondato sulla violenza.

Foto di Malcolm X
Malcolm X

Malcolm X lasciò presto i Black Muslim dopo esservi entrato in conflitto riguardo diverse questioni: secondo Malcolm la marcia su Washington era stata una buffonata perché secondo le sue parole “si era svolta davanti alla statua di un presidente bianco a cui da vivo i neri non sono mai piaciuti”, in più espresse commenti contro John Kennedy dopo il suo assassinio, affermando che la violenza che non era riuscito a fermare gli si era ritorta contro. La NOI rinnegò le parole di Malcolm X così decise di abbandonarli.
Fu però un viaggio in Africa nel 1964 a cambiare le sue prospettive, facendogli capire come fosse limitata l’ossessione razziale. Aprì ai Movimenti civili, iniziando a concepire l’islam come una religione aperta e senza barriere. Non sapremo mai cosa Malcolm X avrebbe fatto dopo perché fu ucciso solo un anno dopo, nel 1965 proprio per mano dei Black Muslims.

Black Power

Ne prese il posto Carmichael che diede vita ai Black Power appoggiato anche dai movimenti studenteschi come la SNCC, di cui era diventato capo, e il Core stufi della nonviolenza e dell’atteggiamento conciliante di Martin Luther King. Quindi si assistette ad una frattura importante tra le organizzazioni per i diritti civili.
Nell’agosto del 1965 il quartiere di Watts a Los Angeles fu teatro di sanguinose rivolte da parte degli afroamericani, ormai portati all’esasperazione dall’immenso divario economico tra loro e la cittadinanza bianca, divario che non era stato colmato con le recenti leggi promulgate. Tali violenze non furono capite dalla borghesia bianca. Come dice Gianluca Torconi in suo articolo:
“Dopo il Civil Rights e il Voting Rights Act, cos’altro potevano volere gli afroamericani? Il pensiero comune della borghesia bianca poteva essere riassunto in questa semplice domanda. Altrettanto semplice era la risposta, colpevolmente ignorata dalla maggioranza della popolazione. La comunità nera di Watts voleva esattamente la stessa cosa che gli altri abitanti di Los Angeles avevano già ottenuto: la prosperità economica.”.

Le Pantere Nere

Nel 1966 venne fondata l’ala più intransigente del Black Power: il Black Panther Party. Gli elementi fondamentali delle Pantere Nere erano l’autodifesa e in particolare il “Patrolling” ovvero il pattugliamento con armi in vista per scoraggiare eventuali azioni da parte della polizia e arresti violenti. Si impegnarono anche molto nel sociale istituendo la colazione gratuita per i bambini neri, accompagnavano in prigione i parenti dei detenuti che non avevano mezzi per andare, educazione politica per adulti e assistenza sanitaria gratuita. I Black Panther furono però minati dall’interno
anche a causa dell’intervento dell’FBI, che introdusse degli agenti sotto copertura.

Grosso risalto per l’organizzazione in occasione dei Giochi olimpici di Città del Messico 1968, quando i due velocisti neri Tommie Smith e John Carlos con pugni chiusi e mano guantata di nero (simbolo della lotta delle Black Panthers), ricevevano le loro medaglie restando immobili sul podio dei vincitori. I due atleti neri ebbero la solidarietà di molti atleti bianchi quando le autorità sportive, ritenendo inadeguato il gesto, li sospesero dalla squadra americana con effetto immediato e li espulsero dal villaggio olimpico.

foto di John Carlos, Tommie Smith, Peter Norman
John Carlos, Tommie Smith, Peter Norman – Giochi olimpici di Città del Messico 1968

Il 4 Aprile del 1968 Martin Luther King, mentre si trovava sul balcone di un albergo, venne raggiunto da un colpo di fucile. La comunità afroamericana e non solo cadde nello sconforto, perdendo uno dei più grandi leader della storia.
Nel 1969 venne ucciso Fred Hampton esponente delle Pantere Nere.
Nel giro di due anni i movimenti afroamericani perdevano i loro leader e i loro riferimenti, ma la lotta non si è mai fermata. Seguirono figure importanti come George Jackson e Angela Davis che divennero presto simboli della lotta alla discriminazione razziale.
Negli anni settanta la forza dei Black Panther in ambito culturale era ancora forte: vennero studiati gli scritti di Malcom X e si lavorò per approfondire le origini africane grazie anche a musicisti come John Coltrane e Miles Davis che si richiamavano ai ritmi tribali.

Black Lives Matter

George Floyd Memorial At Chicago Ave & E 38th St In Minneapolis, Minnesota
George Floyd Memorial a Chicago Ave & E 38th St a Minneapolis, Minnesota – 4 Giugno 2020, dopo il servizio commemorativo di George Floyd. – Foto di Lorie Shaull

Questo articolo è dedicato alla memoria di George Floyd, ucciso per strada da un poliziotto bianco: un episodio terribile e purtroppo non l’unico, per una società che si professa democratica e aperta.
Le lotte stanno di nuovo prendendo piede perché non si può portare all’esasperazione una comunità e non aspettarsi conseguenze. La storia tende a ripetersi quando le cose non cambiano dal profondo.
La lotta per i diritti civili degli afroamericani a quanto pare è ancora lunga e non possiamo che essere dalla loro parte. Il sogno non si è ancora avverato.

Per maggiori informazioni visita The 60s Corner.

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