O forse era già cambiato e la Quant ha solo recepito il messaggio. Sì perché in realtà questa volta non sono state le case di moda ad imporre un modo di vedere, ma era già nell’aria la voglia di rompere con il passato e di creare un futuro diverso. Le ragazze volevano distinguersi dalle loro madri, volevano allontanarsi da una vita fatta di casa e figli. E, come spesso accade, le rivoluzioni passano anche attraverso il modo di vestire. La gonna corta significava emancipazione, quei centimetri guadagnati erano uno schiaffo al maschilismo e a chi voleva le donne relegate ad un ruolo di inferiorità e pudore morale.

Mary Quant ha interpretato al meglio questa voglia di libertà: i suoi abiti a-style cioè con una forma ad A, che arrivavano ben sopra il ginocchio, comodi e dai colori sgargianti sono la massima espressione degli anni ‘60, detti anche Swingin Sixties.
La modella preferita dalla Quant era Twiggy, una ragazza gracile e sbarazzina simbolo del cambiamento. Una top model diversa, senza curve e dall’aspetto androgino; esempio per molte ragazze dell’epoca perché fuori dagli schemi. Le sue foto con taglio corto e biondissimo, calze colorate e minigonna sono ben impresse nella nostra mente ancora oggi.
Non solo minigonne
Mary Quant con i suoi abiti ha permesso alla donne di avere comodità, stile e divertimento. Dai vestiti in jersey, a nuovi modelli di scarpe fino ad arrivare agli abiti da uomo completamente reinventati: combinava i due mondi del maschile e femminile unendo, ad esempio, gilet, papillon e camicie con le gonne. Consapevole che non tutte avrebbero voluto indossare minigonne, perché magari non a proprio agio, la Quant ha saputo reinterpretare i pantaloni e i completi maschili rendendoli femminili. Già dal 1920 attrici come Marlene Dietrich e Katharine Hepburn imponevano il loro modo di vedere controcorrente indossando abiti maschili in un’epoca in cui le donne non avrebbero mai potuto indossarli, e innovatrici come Coco Chanel li resero adatti ad un pubblico femminile. Piano piano i pantaloni si sono quindi fatti spazio nel mondo delle donne, ma ancora relegati solo a certi ambiti; ad esempio negli anni ‘50 erano visti più che altro come un capo del tutto informale, da indossare solo per lavorare. Agli inizi degli anni ‘60 e poi con l’aiuto di fashion designer come Mary Quant il pantalone diventa moda, stile, ma, cosa più importante, un capo da utilizzare nella quotidianità.
Non si è fermata qui la sua voglia di stupire: ha sperimentato nuovi approcci utilizzando materiali innovativi come il PVC. Memorabili sono infatti i suoi “raincoat”, impermeabili dai colori sgargianti.

Le Critiche
Insomma negli anni ‘60 la voglia di libertà era palpabile e la Quant ha saputo dare voce a questo bisogno, però non senza difficoltà. Diverse sono state le voci contrarie a questo cambiamento. In Francia nel 1967, periodo in cui portare la minigonna veniva considerato atto provocatorio e incitamento alla violenza sessuale, il ministro dell’istruzione chiese un ritorno alle uniformi scolastiche con gonne lunghe, cosa a cui i presidi si opposero; la Santa Sede rese ancora più rigide le norme di ingresso nei luoghi di culto, vietando abiti corti; in Italia le minigonne erano relegate ai locali da ballo. La stessa Coco Chanel, a suo tempo portatrice di una visione diversa e controcorrente, considerava la minigonna come poco elegante e auspicava un ritorno alle gonne lunghe.

Riflessioni: a che punto siamo oggi?
Ad oggi molti passi in avanti sono stati fatti, ma forse alle donne manca ancora la piena libertà.
Abbiamo, da una parte, ancora chi considera la gonna corta come un’istigazione alla molestia e chi dall’altra pensa che sia l’unico modo per esprimere femminilità. Come dicevano gli antichi, la verità sta nel mezzo ed è una cosa che non dovremmo dimenticare.
Le donne sembra non abbiano ancora il diritto di decidere ciò che ritengono giusto per se stesse, e che debbano ancora rendere conto al mondo che le circonda delle proprie decisioni personali e private.

La portata rivoluzionaria che ha avuto la minigonna negli anni ’60 è indiscutibile: ringraziamo le donne che ci hanno preceduto e impariamo da loro. Proseguiamo il nostro cammino scegliendo da sole che tipo di donne vogliamo essere e cosa indossare, senza farci dire da nessuno cosa sia giusto o sbagliato. Seguiamo le mode, se si adattano a noi, o creiamone di nuove. Forza, che la strada è lunga e tortuosa.
Per maggiori informazioni visita The 60s Corner.
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